Un prodotto per la pace

UCRAINA, LA CRISI DELL’OLIO DI GIRASOLE

Le navi che dovrebbero trasportare anche in Italia semi e olio di girasole non sono più salpate dai porti sul Mar Nero di Mariupol e Odessa, città diventate tristemente famose per la loro importanza strategica nell’occupazione russa dell’Ucraina.

All’appello, da quel fatidico 24 febbraio, mancano nel nostro paese già 50 mila tonnellate di olio.

E’ stato quindi stimato che nel giro di un mese l’Italia non avrà più scorte di olio di girasole.

Ucraina e Russia sono infatti i più grandi produttori di semi di girasole al mondo (insieme rappresentano con oltre trenta milioni di tonnellate circa il 60% della produzione del pianeta e con oltre nove milioni di tonnellate più della metà di quella di olio di girasole).

In diversi paesi dell’Est Europa i semi di girasole tostati sono consumati come snack, come street food, come alternativa a patatine, tabacco o gomme da masticare. Il guscio viene spezzato con i denti e sputato a terra. In generale i semi di girasole sono utilizzati anche come mangimi e per produrre combustibile o carburante.

Il settore alimentare italiano fa largo uso di olio di semi di girasole e fino a ieri si riforniva in buona parte proprio dal paese invaso dai russi. L’utilizzo per le fritture costituisce solo una parte: quest’olio infatti è largamente impiegato a livello industriale per la preparazione di salse, sughi e biscotti.

La chiusura dell’esportazione decisa dal governo di Kiev ha quindi ufficializzato la crisi dal momento che – il dato è fornito da Coldiretti – l’Italia nel 2021 ha acquistato olio di girasole dagli ucraini per 260 milioni di euro, una valore che rappresenta oltre il 60% delle importazioni di questo prodotto. Problematica la situazione dell’industria dolciaria, che dopo aver rinunciato all’olio di palma, messo sotto accusa negli ultimi anni per essere potenzialmente cancerogeno ad alte temperature, si era “convertita” all’olio di girasole.

L’evoluzione del conflitto in Ucraina potrebbe avere ripercussioni anche sul prossimo raccolto dal momento che la semina avviene in primavera, tra marzo e aprile.

Un’emergenza che secondo alcuni esperti si presenta più drammatica di quella del grano. Già in questi giorni alcune aziende della grande distribuzione hanno deciso di imporre nei propri punti vendita un limite all’acquisto di bottiglie di olio di semi: ad esempio non più di due per cliente.

Da qui la necessità per produttori e consumatori di pensare a possibili sostituti. I più noti sono l’olio di cocco, di cartamo, di colza e di sesamo.