In Italia si usano soprattutto per preparare il pesto alla genovese, lo strudel e per ricoprire le torte di frolla ripiene di crema pasticciera. Parliamo dei pinoli, i semi ricchi di proprietà ricavati da alcune specie di pino. Tra queste c’è il pinus pinea, conosciuto anche come pino domestico, pino italico e pino da pinoli: è la pianta che assieme al pino marittimo caratterizza le coste della Penisola. Sulle Alpi invece è diffuso il pino cembro.

Per il loro costo sorprendentemente alto qualcuno ha ribattezzato i pinoli il “caviale del regno vegetale”. Il problema è che la resa si sta abbassando in modo drammatico: oggi da 100 kg di pigne si ricavano appena 2 kg di pinoli. Da una decina d’anni la produzione mondiale di pinoli è crollata. In particolare la Cina, primo esportatore mondiale, ha registrato un calo produttivo del 90% e così l’Italia, passata nello stesso periodo dal produrre circa 900 mila quintali di pigne agli attuali 90 mila quintali. Tra le cause ci sono incendi e deforestazioni: così il prezzo della vendita al dettaglio dei pinoli può raggiungere anche i cento euro al chilo. Di conseguenza i pinoli sono sempre più spesso sostituiti dalle mandorle nelle ricette. Peccato perché questi semi presentano valori nutrizionali importanti. Vengono consumati sia crudi che tostati, sono piuttosto calorici, ma l’acido pinoleico che li caratterizza sarebbe un prezioso alleato della dieta per la capacità di attivare i recettori degli acidi grassi. Consumare pinoli significa infatti aumentare i cosiddetti ormoni della sazietà e favorire la produzione di insulina prevenendo così il diabete. Sono ricchi di proteine, sali minerali, hanno proprietà antiossidanti, regolano i livelli di colesterolo, favoriscono la vasodilatazione e sono considerati un rimedio alla stitichezza e ai malanni di stagione.